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Salviamo dall’oblio gli antichi vitigni autoctoni!

25 Ago, 2023

L’ambizione della Cantina Terracruda è stata fin dalla sua nascita la valorizzazione e la riscoperta dei vitigni autoctoni della Marche. I motivi di questa scelta sono molteplici, primo fra tutti la sensibilità verso il proprio territorio e la consapevolezza della ricchezza della grande biodiversità che ci contraddistingue in tutto il mondo. La globalizzazione e la conseguente tendenza a standardizzare molti aspetti che interessano anche il nostro stile di vita, hanno portato nel tempo, ad una grande diffusione di varietà di uve particolarmente indicate per la produzione di vini pregiati e rinomati a livello internazionale.

Preservare i vitigni autoctoni, per noi è significato garantire una certa fedeltà al territorio. La terra è in grado di infondere la propria identità attraverso le sostanze nutritive assorbite dalle radici delle viti, pertanto i vitigni italiani autoctoni hanno caratteristiche specifiche e uniche che riguardano la forma della foglia e del chicco, nonché la struttura del grappolo. Ne consegue, naturalmente un sapore e un gusto tipici che nessun altro vitigno può avere.

Consapevoli della ricchezza del territorio abbiamo condiviso con il nostro enologo Giancarlo Soverchia l’idea di recuperare e valorizzare alcuni vitigni antichi dimenticati attraverso il progetto: Vitigni antichi dimenticati, salviamoli dall’oblio”

I vitigni autoctoni di Terraruda

Questi sono i vitigni autoctoni che la nostra cantina coltiva e vinifica:

A questi, si aggiungono i vitigni autoctoni dimenticati:

Il progetto di TERRACRUDA “Salviamo dall’oblio gli antichi vitigni autoctoni”

Incrocio Bruni 54

Incrocio Bruni 54 Marche Igt Incrocio Bruni

Incrocio Bruni 54 Marche Igt Incrocio Bruni

L’Incrocio Bruni 54 è un vitigno a bacca bianca molto particolare e la sua storia merita di essere raccontata soprattutto perché è stato il nostro enologo Giancarlo Soverchia a riscoprirlo e la cantina Terracruda con lui ha creduto nelle grandi potenzialità di questo vitigno.

Questo varietale fu creato dal Prof. Bruno Bruni, ampelografo ✻ marchigiano di fama internazionale al quale dobbiamo la catalogazione e la descrizione di svariati vitigni autoctoni italiani. Ma per noi doppiamente importante perché il Bruni creò quest’uva nella Valle del Cesano, proprio nei pressi del paese di Fratte Rosa dove abbiamo la nostra cantina.

L’Incrocio Bruni 54 fu creato nel 1936 plausibilmente come test per combattere la Phylloxera, insetto dannoso della vite, creando una varietà più resistente. In realtà sappiamo che la lotta alla Fillossera della vite è stata vinta utilizzando radici americane in Italia, ma interessante è il fatto che lo studio del Bruni abbia creato un vitigno completamente nuovo di cui era particolarmente orgoglioso. Il Bruni nelle sue sperimentazioni, da sempre, cercava di apportare migliorie naturali ai vitigni già esistenti, rendendoli più resistenti e più performanti anche in termini di armonia organolettica. Fu così che decise di incrociare per impollinazione Verdicchio e Sauvignon.
Da così nobili genitori non poté che nascere un altrettanto nobile figlio, l’INCROCIO BRUNI 54.
Il nostro enologo, nonché agronomo, Giancarlo Soverchia da sempre “appassionato archeologo” degli antichi vitigni italiani con la sua grande esperienza e curiosità ha ritrovato questo vitigno. Molte volte Giancarlo ci raccontava che, assaggiando gli acini, durante il pre-vendemmia, tra i filari di Verdicchio si era accorto che alcune piante davano origine a grappoli diversi per forma, colore e, soprattutto, per sapore.

 

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Ecco così che prese forma il primo progetto della cantina “Salviamo dall’oblio gli antichi vitigni autoctoni”.

L’obiettivo era non solo trovare vitigni antichi, storici e piantarli ma con questi produrre vini al passo con i tempi.
Grazie al nostro enologo, all’A.S.S.A.M. (Agenzia Servizi Settore Agroalimentare Marche) e all’Università di Ancona, abbiamo ritrovato alcune piante di Incrocio Bruni nei vecchi vigneti di contadini locali che negli anni ‘30 avevano ricevuto le piante dallo stesso Bruni.
Quando nei primi mesi dell’anno 2000 iniziammo il progetto, oltre alla nostra cantina l’enologo Soverchia propose di propagare il vitigno ritrovato in aree pedoclimatiche differenti, seppur sempre entro i confini marchigiani, per comprendere al meglio le potenzialità. Fu semplice per l’enologo e per noi produttori (eravamo in tre cantine), capire quale fosse la vera forza di questo vitigno, una grande componente organolettica e una grande adattabilità a contesti diversi, nei quali era in grado di mostrare personalità differenti, ma tutte egualmente valide ed interessanti. Da non sottovalutare la caratteristica di buon adattamento ai cambiamenti climatici ma con una nota negativa di bassa resa produttiva.
L’incrocio Bruni è un vitigno in grado di mantenere la spina dorsale acida del Verdicchio ed in alcuni casi la sua notevole struttura, enfatizzando la componente aromatica. Un bianco che dipende, ancor più di altri, dalle interpretazioni del singolo terroir ✻.

La nostra azienda ha lavorato su questo progetto con sperimentazioni in vigna ed in cantina e il primo vino è stato imbottigliato 10 anni dopo. Oggi abbiamo quasi due ettari di Incrocio Bruni e produciamo al massimo 9.000 bottiglie perché, come detto, la resa è bassa, circa 6 quintali per ettaro.
Grazie alla collaborazione con altri vignaioli e al fatto che Terracruda ha cercato di interpretare questo vitigno al meglio producendo un vino rispettoso delle caratteristiche dell’uvaggio commercializzandolo con successo, ora ci sono 18 cantine nelle Marche che lo producono.

Quest’uva a bacca bianca si è diffusa in tutte in tutte le province delle Marche ed è davvero sorprendente vedere come un vitigno che conta neanche 25ha totali coltivati possa rappresentare ed unire nelle diversità un’intera regione, dall’appennino alla costa, dall’entroterra al mare.
La cantina Terracruda è orgogliosa di ricordare che in anni in cui molte cantine piantavano vitigni internazionali, ha lavorato controcorrente, mettendosi in gioco per salvare dall’oblio questo grande vitigno!
La nostra produzione per scelta è una piccola produzione, per niente industriale. Produciamo ogni vendemmia a mano, non a macchina. Coltiviamo le uve in modo biologico e utilizziamo solo uve che coltiviamo noi stessi qui a Fratte Rosa, piccolo paese nelle colline urbinati, tra la montagna e il mare. I nostri vigneti sono a un’altitudine di 350-400 metri con un orientamento a nord-est.
Due piccole vigne da noi dette Bea e Frescuccio si trovano ad un’altitudine di 400 m. e si specchiano a 360 gradi sull’Appennino ed il mare Adriatico. Circondate da una piccola selva e macchia mediterranea, queste vigne affondano le radici in un terreno ricchissimo di argilla e roccia arenaria. Le altre due, del Podestà e del Mulino, si trovano a 350 metri di altezza, rivolte ad ovest, circondate da boschi e macchia mediterranea, anch’esse caratterizzate dai “lubachi”, terreni composti di argilla e roccia arenaria.

Le uve, rigorosamente raccolte a mano, sono lavorate in cantina attraverso una spremitura morbida a grappolo intero, decantazione statica dei mosti a freddo e affinamento in bottiglia per tre quattro mesi.
L’interpretazione solo acciaio è quella che abbiamo scelto perché si presta molto ad enfatizzare quelle che sono da un lato le peculiarità aromatiche fruttate, floreali e minerali dell’Incrocio Bruni 54 e dall’altro la sua lineare freschezza, resa profonda ed elegante dalla sapidità che il nostro terroir riesce a sviluppare, facendo poi emergere l’anima forte del Verdicchio.

Analisi gusto olfattiva dell’Incrocio Bruni 54

Olfatto: si presentano delle grandi note di agrume, pompelmo, scorza di pompelmo, arancia; a cui fanno seguito delle sensazioni di fior d’arancio, ritorna in seconda battuta una nota salina tipica del Verdicchio che completa le sensazioni aromatiche.
Bocca: Presenta un buon attacco morbido a cui segue una acidità importante, equilibrata da una certa sapidità. In via retronasale si ritrovano a lungo le note agrumate e sapide.grandi note di agrume, pompelmo, scorza di pompelmo, arancia; a cui fanno seguito delle sensazioni di fior d’arancio, ritorna in seconda battuta una nota salina tipica del Verdicchio che completa le sensazioni aromatiche.

La garofanata

Innominata – Marche Igt Bianco Terracruda azienda vitivinicola marchigiana

Terracruda Innominata – Marche Igt Bianco

La garofanata è un antico e affascinante vitigno delle Marche che era scomparso dalla coltivazione e stava rischiando l’estinzione. Questo vitigno è stato recuperato abbastanza recentemente con questo nome in un vecchio vigneto di Corinaldo (AN) dove un tempo sicuramente era diffuso. La nostra cantina seguendo l’idea progettuale, ha collaborato da subito con all’A.S.S.A.M., l’Agenzia Servizi Settore Agroalimentare delle Marche, e con l’università di Ancona, non solo per salvare dall’estinzione questo vitigno e studiarlo, ma anche per coltivarlo, lavorarlo, vinificarlo e riportarlo in auge.
Così Terracruda nel 2007 ha reimpiantato la garofanata.
Molto entusiasmante, coinvolgente e sì, anche molto impegnativo è stato collaborare con gli istituti di ricerca per salvare e poi lavorare sulla conoscenza del vitigno e anche sulla sua valorizzazione. Subito questo vitigno così sconosciuto ed enigmatico ci ha appassionato e abbiamo creduto nelle sue potenzialità.

Uscita come Garofanata, Marche Bianco Igt, nelle prime due annate prodotte, la 2011 e la 2013, vinificate in barrique. Dal 2015 abbiamo optato per l’acciaio che secondo la nostra esperienza, riesce ad esaltare maggiormente le caratteristiche di questo vino dai sentori floreali di garofano spezia obbligata a fiore, viola e rosa appassita, agrumati e speziati morbidi, dal sorso fresco e di buon corpo. Dal 2020 la GAROFANATA non si può più chiamare così per questioni burocratiche, per questo ora esce dalla nostra cantina con il nome di INNOMINATA. Ecco perché l’Innominata, come il grande personaggio dei Promessi Sposi di cui non si poteva rivelare l’identità e come lui forte di personalità, un vino capace di farsi ricordare. È motivo di orgoglio per la nostra cantina dire, che se questo vitigno oggi sta tornando in auge nella regione Marche e molte cantine ci chiedono le barbatelle ✻ per piantumarlo è merito di Terracruda, come è merito dell’Innominata se la Garofanata si salverà.

Tracce bibliografiche della presenza nelle Marche del vitigno Garofanata è stato possibile trovarle solo nel dattiloscritto (appunti) ”Ampelografia marchigiana” (1962) dell’ampelografo marchigiano Bruno Bruni. Il Bruni segnala la Garofanata come sottovarietà di Moscato Bianco. Chiamato in passato Garofanata o Moscato Bastardo, nonostante i riconoscimenti isoenzimatici lo accostassero al Moscato Bianco o al Moscato selvatico, successive analisi molecolari lo hanno riconosciuto come le biotipo✻.

Per quanto concerne l’origine di questo nettare, il Bacci riferendosi ai vini affini a quelli di Cingoli, tratta di un particolare vitigno che presso le province di Pesaro, Fano e Ancona i contadini locali, per differenziarlo dal Trebbiano o Trebulkanus (Bianchello del Metauro), chiamavano di Rocca Contrada, dal castello del comune di Arcevia.(AN):

”Ho osservato io stesso che nelle campagne di Urbino, di Fano, di Pesaro qualificano con lo stesso nome di Rocca Contrada i loro Trebulani, che ho gustato spesso negli amenissimi castelli di Mondolfo e di San Costanzo: Sono però vino meno vigorosi, con una sensazione di piacevole dolcezza il primo anno, schietti, immutati nella loro sostanza anche dopo due o tre anni , senza che sia necessario ricorrere ad alcun trattamento.”

Questo viaggio attraverso i vigneti autoctoni della cantina Terracruda vuole sollecitare alla riflessione su quanto sia necessario, per un’azienda vitivinicola come la nostra, instaurare una connessione autentica e radicata con il territorio e le sue tradizioni millenarie. Emerge con chiarezza quanto siano stati e siano tuttora fondamentali lo studio approfondito, la dedizione nell’ottenere il meglio da ogni singolo grappolo, l’entusiasmo per fare bene, l’impegno costante nel preservare la ricchezza del territorio e la sapienza delle tradizioni locali, la ricerca instancabile e anche la voglia di innovare perché solo abbracciando il passato, è possibile costruire un futuro ricco, sostenibile e degno di essere gustato, proprio come un buon vino 😊

FAQ – Conoscere il vino

✻ Che cos’è l'ampelografia?

L'ampelografia è la disciplina che si occupa dell'identificazione e della classificazione delle varietà di vite. Nel contesto dell'ecosistema vinicolo, l'ampelografia gioca un ruolo fondamentale nel riconoscere e distinguere le diverse specie di vitigni utilizzate per la produzione di vini pregiati. Questa scienza combina l'osservazione delle caratteristiche morfologiche delle foglie, dei grappoli d'uva e dei tralci con l'analisi dei tratti genetici, consentendo agli esperti di viticoltura di determinare l'origine e le caratteristiche di un vitigno specifico.

✻ Qual è il significato di Terroir?

Il termine terroir rappresenta l'insieme unico di fattori ambientali che influenzano la coltivazione delle viti e la produzione di vini in una determinata area geografica. Questi fattori includono il suolo, il clima, l'altitudine e altri elementi distintivi del luogo. Nel mondo dell'enologia, il concetto di terroir è fondamentale poiché contribuisce alle caratteristiche sensoriali e organolettiche uniche di un vino. La combinazione delle influenze del terroir dona ai vini specifici aromi, sapori e caratteristiche che riflettono l'identità dell'area in cui sono stati coltivati e prodotti.

✻ Cosa sono le barbatelle di vite e come si innestano?

Le barbatelle di vite sono giovani piantine di vite ottenute da talee o innesti. Sono utilizzate per propagare nuovi vitigni o sostituire piante malate o vecchie. Il processo di innesto delle barbatelle coinvolge il prelievo di una porzione di tralcio da una pianta madre, chiamata portainnesto, e l'attaccamento di una barbatella, che è un segmento di giovane pianta, sulla parte tagliata del portainnesto. Questo consente alla barbatella di svilupparsi e crescere utilizzando il sistema radicale del portainnesto, ereditandone le caratteristiche desiderate. L'innesto è una tecnica essenziale per la propagazione controllata dei vitigni, consentendo di preservare le caratteristiche specifiche del vitigno desiderato e adattarle alle condizioni locali.

✻ Qual è la differenza tra vitigni, cloni e biotipi?

Nei vini, i concetti di vitigni, cloni e biotipi sono distinti ma correlati. I vitigni rappresentano varietà specifiche di uve con caratteristiche uniche, come sapori e aromi. I cloni sono varianti genetiche di un vitigno principale, selezionate per particolari qualità. I biotipi, invece, si riferiscono a variazioni in una specie dovute a differenze ambientali senza alterazioni genetiche significative. In sostanza, mentre i vitigni sono le varietà di base, i cloni sono varianti di quelle varietà e i biotipi sono espressioni diverse delle varietà influenzate dalle condizioni locali.

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