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San Martino il mosto diventa vino a Fratte Rosa

21 Ott, 2023

Chi di noi non ricorda la famosa poesia del Carducci:

La nebbia agli irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de’ tini
Va l’aspro odor de i vini
L’anime a rallegrar.

Si è proprio così, per chi, come me, ha i suoi anni ed ha vissuto in un piccolo paese, ha vivido il ricordo dei giorni di sole novembrino quando, bambini, si usciva a giocare, ci si fermava ad ascoltare i racconti dei cacciatori e tornado all’imbrunire verso casa si era avvolti dall’odore del mosto che usciva dalle cantine paesane mischiato al fumo dei camini che si erano da poco riaccesi.

Fratte Rosa dove ancora abito, è un piccolo paese, negli anni ’60 aveva molti abitanti; in campagna tutte le case erano abitate da contadini. Ogni casa aveva una cantina chi più piccola dove faceva il vino per casa e chi più grande per produrre vino anche da vendere. Giannetto produceva una vernaccia strepitosa (oggi Pergola doc), Magnamadon era famoso per il Bianchello, quello di Collong non era sempre buonissimo, ma a lui non importava e lo beveva allegramente alla faccia della moglie e di chi gli voleva male. La cosa bella era che anche in paese c’erano tante cantine, la più grande quella di Giuan d’ Tassella alla Pieve, poi a Torre San Marco quella di Simoncelli; alcune erano nelle grotte delle mura paesane. Quella di mio zio Ridolf era in paese interrata sotto un deposito di grano. Mio zio, sempre un po’ fuori dagli schemi, ma molto legato alle tradizioni faceva del buon vino. In quel periodo tutti si vantavano di avere la pigiatrice nuova, lui se ne fregava. Metteva l’uva nel tino e iniziava a pigiarla con i piedi aiutato da mio fratello. Io mi avvicinavo e lui mi chiamava: “Chicchilina vuoi divertirti? Vieni!” Io non me lo facevo dire due volte e senza farmi vedere dalla mamma, lavavo i piedi e andavo dallo zio che mi prendeva in braccio e mi posava nel tino. L’odore del mosto era inebriante, non so descrivere la sensazione nelle gambe che immediatamente diventavano appiccicose, ma tutto era allegro e sembrava un divertentissimo gioco.

Dopo la vendemmia perdevo di vista sia il vino che lo zio per poi ritrovarci a San Martino quando el most’ diventa vin, la famosa Festa di San Martino o Estate di San Martino che si celebra il 11/11. Nel giorno di San Martino, come da antichissima tradizione contadina, mio zio prendeva l’usciolo e con un martello di legno lo inseriva nella botte per il primo assaggio di vino novello. L’assaggio era rigorosamente dalla botte di vernaccia (oggi rosso Pergola) In quell’occasione ero orgogliosa del vino che assaggiavamo, in fin dei conti avevo contribuito anche io, era ancora un po’ dolce, ma per quello mi piaceva. La sera era una festa, si mangiava la frittata e se lo zio era stato fortunato si aggiungeva alla frittata anche il tartufo e patate cotte sotto la brace. Poi si continuava con i vicini di casa che venivano per fare una partitina a briscola e tresette, ma soprattutto per assaggiare il vino novello con le castagne.

Se volete ritrovare queste atmosfere, questi sapori ed odori vi aspettiamo alla Cantina Terracruda dove grazie al sapere tramandatoci continuiamo a produrre buon vino con consapevolezza, rispetto della terra e delle tradizioni.

Maria Adele Berti

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